"Coxale” di Ilaria Schipani
“All’alba dell’umanità, ancor prima di inventare la scrittura, l’uomo sentì la necessità di comunicare, di lasciare una traccia di sé nel mondo[…]Quell’uomo si rapportava ogni giorno con il sole, con la terra, con l’acqua, con il cielo… integrandosi armonicamente nella natura; e quand’anche la natura non rappresentasse una minaccia, egli la rispettava, con il rispetto che si deve ad una Divinità, consapevole dei propri limiti[…]Noi dobbiamo ripartire dagli albori dell’uomo e dalla sua arte primigenia, per ricostruire un nuovo mondo, in cui il rispetto per la natura e per la dignità umana siano finalmente al centro del volere dell’uomo. Solo così riaffermeremo la sacralità della vita, ormai perduta in cambio di un miope e smaliziato stile di vita, che sta portando il pianeta all’autodistruzione.”
È un ritorno alle origini ciò che propone Andrea Benetti nel suo Manifesto dell’Arte Neorupestre, un “regresso”, o sarebbe meglio dire progresso, verso un sentire e vivere più primitivo e profondo.
In una società ormai sempre più indifferente nei confronti dell’ambiente e concentrata solo sulle apparenze e mezzi di comunicazione dai linguaggi criptici che escludono il contatto umano, l’artista riflette sul sistema che ci governa come marionette e pensa alla preistoria come al passato meno prossimo, e forse per questo più idoneo, al quale fare riferimento per compiere un passo indietro necessario all’ecosistema e all’essere umano stesso.
Questo è in sintesi il concetto che sta alla base del lavoro dell’artista, che rievoca e rende omaggio all’arte primitiva attraverso l’utilizzo di stili e materiali caratteristici dell’età preistorica. Infatti, Benetti parte dalla convinzione che furono proprio i nostri antenati a manifestare per primi, seppur in maniera inconscia, l’arte astratta, figurativa e concettuale. Dipinti, incisioni e sculture risalenti al Paleolitico sono infatti i primi esempi in assoluto di arte, caratterizzata da forme semplici, stilizzate e simboliche delle attività primarie dei primitivi, in particolare della caccia. E proprio l’osso di uno di quegli animali che l’Homo Sapiens combatteva è entrato a far parte dell’installazione di Benetti.
COXALE (dal latino coxae, «coscia») è stata realizzata racchiudendo in un tubo di plexiglas, alto 199 cm e di diametro 25,5 cm, un osso coxale bovino di circa 20 anni fa, donato all’artista dall’Università di Ferrara.
Le estremità del tubo sono state ricoperte da gesso trattato a superficie increspata, che ricorda le pareti ruvide e discontinue delle caverne. La parte centrale, invece, è stata lasciata scoperta così da mostrare l’osso sorretto dall’alto da un filo di nylon, creando un effetto di sospensione che viene ancor di più enfatizzato dalla possibile illuminazione interna all’installazione stessa.
L’osso Coxale, simbolo di un passato che fu, sembra levitare in una dimensione altra, come in una clessidra, in stasi tra il passato e il futuro.
La stessa contrapposizione ritorna nell’accostamento dei materiali: il plexiglas, prodotto di ultima generazione, è ciò che contiene il reperto preistorico, lo custodisce come testimonianza delle proprie origini e modello del passato a cui attingere per capire e costruire al meglio il presente e il futuro.
Preistorico e contemporaneo così si ritrovano a convivere nella stessa opera, attraverso la quale l’artista ci invita a riflettere e a domandarci: sarà forse ora di capovolgere l’ordine del tempo?
Ilaria Schipani |
Curatrice e critica d’Arte |