"Andrea Benetti: l'arte Neorupestre” di Sonia Cosco
Quel tentativo di raccontare il mondo a parete, sulla nuda roccia, attraverso uno schizzo stilizzato, impressione visiva che l’uomo primitivo sentiva il bisogno di rendere con strumenti essenziali e immediati, è più di un rudimentale istinto artistico; è simbolo di un rapporto con il mondo più sano e più intelligente di quello che noi oggi viviamo. Questa la filosofia di Andrea Benetti (classe 1964, bolognese ) ideatore della pittura Neorupestre, che da anni esprime con successo la propria arte. Oltre ad avere esposto in luoghi di grande pregio, sono ormai una decina i musei, le istituzioni e le importanti collezioni nazionali e internazionali, che ospitano le sue opere in permanenza. Nel mese di novembre la pittura Neorupestre di Benetti è approdata a Palazzo Taverna (Roma) accanto alle opere dei grandi maestri del ‘900. Mi parli della mostra Portraits d’Artistes che si è da poco conclusa e alla quale hai partecipato? Portraits d’artistes è il titolo della mostra internazionale, organizzata dall’Amedeo Modigliani Institut Archives Lègales Paris-Roma, preso la proprio sede (Palazzo Taverna – Roma) e curata in prima persona dal presidente Christian Parisot, affiancato da Pierfrancesco Pensosi. Vittorio Sgarbi ha presentato il progetto della mostra alla stampa. Si tratta dell’unione di artisti consacrati a livello mondiale e storicizzati, affiancati da artisti che si stanno distinguendo positivamente nell’odierno panorama dell’arte contemporanea. Per mia fortuna e, forse, anche un po’ per merito, sono stato scelto e invitato a prendere parte con la mia pittura, a questa mostra internazionale. E’ stato un vero piacere vedere mia pittura Neorupestre nel catalogo (edito da Casa Modigliani Edizioni), insieme alle opere di Giorgio De Chirico, Amedeo Modigliani, Andy Warhol, Keith Haring, Mario Schifano, Max Jacob, Carlo Corsi, Guido Cadorin, Jules Pascin… Il Manifesto dell’arte Neorupestre: spiegaci i suoi punti essenziali. Il mondo, guidato malamente dall’uomo negli ultimi due secoli, ha imboccato una strada senza uscita, che ci sta portando all’autodistruzione, passando attraverso un lungo periodo (già in essere) dominato da un insopportabile nichilismo. Allora, crediamo sia necessario azzerare e ripartire mettendo al centro del volere dell’uomo la dignità umana e il rispetto per l’ambiente. Simbolicamente, azzerare nel mondo dell’arte, significa ripartire dalle pitture rupestri, che l’uomo primitivo realizzava nelle pareti delle caverne. Quindi, il Manifesto dell’Arte Neorupestre, che ho stilato e presentato alle 53esima Biennale di Venezia, vuole azzerare, ripartire per costruire un mondo migliore dove al centro di tutto vi sia non il guadagno e la speculazione, bensì il rispetto della vita altrui, l’altruismo e l’amore per chi ci circonda. Istinto e colore sembrano dominare la tua arte. Come vivi l’approccio verso la tela? La tela è il recettore, davanti al quale un pittore esterna e cattura le proprie sensazioni, idee, la voglia di raccontare qualcosa al mondo. Talvolta la vivo anche come uno strumento, che scaccia la pigrizia e ridona la speranza, la voglia di vivere pienamente ogni istante della mia creatività. Per questo motivo, spesso mi sento come un uomo primitivo, che rappresenta ciò che lo circonda, e oggi non sono più i cavalli, i bisonti, i tori, ma soprattutto automobili, aerei, giocatori di golf, barche, treni… Olio e cacao su tela, olio e karkadè su tela, le tue creazioni raccontano un rapporto vivo e solidale con la natura e la realtà circostante e l’esposizione al Premio Michetti ne è l’esempio. La tua può essere definita arte eco-sostenibile? Più che di arte eco-sostenibile parlerei di arte eco-sensibile; ovvero un’arte che prende a cuore i problemi attuali, che manifesta interesse per la corretta gestione delle risorse e insofferenza e ferma condanna nei confronti dello sfruttamento irresponsabile della terra, che va a incrementare un miope guadagno di pochi, a discapito di tanti. Sono stato, infatti, estremamente lusingato dall’invito della Fondazione Michetti, a partecipare alla LXI edizione della storica e prestigiosa rassegna d’arte contemporanea, nella sezione “Arte e ambiente”. Raccontaci qualcosa in merito al tuo libro “Esplorazione inconsueta all’interno della velocità”. E’ un libro che amo, poiché ritengo di averlo concepito con un’intuizione lungimirante. Sino a ora, la definizione più azzeccata, che gli è stata assegnata, è quella di Gregorio Rossi, noto critico e storico dell’arte, che l’ha definita “un’antologia a 360 gradi”. Vi sono infatti all’interno teorie filosofiche, pittura, scultura, fotografia, saggi di professori, critiche d’arte. Il tutto ruota sul tema della velocità, da me scelto in occasione del centenario del Futurismo, che fissava, appunto, nella velocità uno dei propri cardini fondamentali. Per ora il libro è da collezione, stampato con copertine su tela, presentato all’interno di un scatola di design, con tiratura limitata e copie firmate e numerate, ma presto un editore lo porterà su un circuito tradizionale. Oltre al fascino per la pittura rupestre, quali pagine di storia dell’arte hanno influenzato il tuo percorso artistico? L’influenza, come dici tu, deriva soprattutto dalla pittura rupestre. Guardando a un tempo più recente, ho subito molto il fascino dell’astrattismo e adoro la pittura di Kandinskij e di Klee, ma anche il sublime surrealismo di Mirò. Sono comunque convinto che possa succedere di essere influenzati dall’opera artistica di qualcuno, senza esserne minimamente consapevoli.
Sonia Cosco |
Giornalista e critica d’arte |