"La pittura Neorupestre: graffiti ancestrali” di Marilena Rodi
Resta visitabile fino a domenica 25 settembre la mostra di Andrea Benetti, ‘La pittura neorupestre’, allestita in una cornice assai pertinente e naturalmente efficace: una caverna. Lo scenario si fa compagno e assistente di un impatto visivo reso intenso dalla pittura dell’artista che sceglie le Grotte di Castellana per avviare il suo percorso immaginifico sul futuro dell’uomo partendo dall’uomo primordiale. È a questo infatti che Benetti si rifà, evocando i movimenti che appartennero al nostro antenato e configurandoli su tele di ultima generazione resistenti all’umidità dell’ambiente carsico.
Ma andiamo per ordine. La mostra, che ispira riflessioni sull’uomo abitante della grotta, in uno slancio ancestrale innovativo seppur non originale nel suo genere, disegna i luoghi e racconta le memorie di un attore che a quel tempo non ha avuto esattamente un palcoscenico per esibirsi, tuttavia si è creato il suo podio per tracciare abitudini, costumi e consuetudini di un’epoca che non conosceva ancora la scrittura come strumento di continuità, ma solo i graffiti.
La Grave delle Grotte di Castellana dunque, diviene la tribuna d’onore di quest’arte benettiana (che non ha nulla da invidiare ai suoi contemporanei in fatto di rappresentazione della realtà), pioniera di un nuovo modo di intendere -anche- il turismo culturale.
Al di là, quindi, della vocazione originaria e naturale delle grotte di ‘contenere’ la vita, si scopre questa nuova tendenza a immagazzinare l’arte per renderla fruibile in una maniera alternativa e diretta. La prima mostra, ovviamente, non poteva che, appunto, rappresentare l’incontro col passato, l’impatto con i gangli interiori dell’esperienza umana e l’interpretazione contemporanea di un’artista che mette in scena il ‘suo’ uomo primitivo, “quando dovremmo interrogarci cos’è l’uomo dopo l’11 settembre”, secondo lo stesso Benetti. Dobbiamo per questo azzerare e ripartire dagli albori dell’uomo, da quell’arte primigenia per ricostruire un nuovo mondo, stando a quanto concorda il curatore della mostra, Massimo Guastella, docente di Storia dell’arte contemporanea dell’Università del Salento.
La pittura rupestre che ha narrato ai posteri riti, riferimenti, culti e credenze, viene declinata ora in ‘neorupestre’ per scandagliare i territori mentali dei nostri contesti attuali, per andare alla scoperta del valore della convivenza per l’uomo degli anni Duemila, per cercare di circoscrivere un percorso identitario divenuto patrimonio dell’uomo moderno. Non facciamo fatica a essere d’accordo con Silvia Godelli, Assessore regionale pugliese alla Cultura quando descrive questa fatica come il nuovo “manifesto dell’arte”, perché parla di una nuova ricerca, di un nuovo sforzo di ripartire da zero, di ricostruzione dopo il crollo degli ideali, di ripulitura dopo la confusione ingenerata dall’avvincente quanto alienante attualità.
È questo quello che un artista dovrebbe fare: raccontare al mondo la sua interpretazione dello stesso; guardarlo e rappresentargli la sua visione; dissociandosi forse dalle tendenze disordinate dei luoghi contemporanei deputati al controllo del globo. Una luce in mezzo al buio. Una guida sarebbe azzardato. Ma un faro renderebbe l’idea, perché un faro, si sa, serve a indicare la terraferma, dunque la scelta di approdo per chi è in mare.
“L’arte deve simbolicamente ripartire dalle proprie origini (…) avrà la lungimiranza di ritornare sui propri passi, verso le proprie radici, consapevole della necessità di dare un segnale chiaro e forte di ricostruzione delle fondamenta, che sono alla base stessa della nostra esistenza”, si legge nel ‘Manifesto dell’arte neorupestre’, di Andrea Benetti, proposto alla 53° Biennale di Venezia nel 2009.
Così la mostra, all’interno di una caverna, evoca i graffiti appartenenti alla dimensione millenaria di Altamira in Spagna e di Lascaux in Francia, testimonianze del passaggio dell’uomo in epoche lontane da quella in cui scriviamo. La Puglia ha una sua ‘prova’, è quella di Porto Badisco, e, quasi a voler rendere omaggio a questa terra, l’artista bolognese sceglie il suo start up proprio a Castellana-Grotte.
Marilena Rodi |
Giornalista |