"L'imprevedibilità colorata di Benetti” di Marinilde Giannandrea
Il bisogno di tornare al principio della forma e della comunicazione è il centro gravitazionale di Andrea Benetti, protagonista della mostra a cura di Toti Carpentieri, in corso nelle sale del castello Carlo V di Lecce.
Lo fa recuperando quell’”Astrattismo delle origini”, del quale l’artista bolognese rivendica i capisaldi, traducendolo in uno stile uniforme che mixa pittura e incisione, cloisonnisme e vivacità cromatica. Incide la superficie di gesso steso sulla tela e le tonalizza con sostanze naturali (olio, karkadè, caffè, cacao, curcuma), creando campi destinati ad ampie stesure di colore a olio. Il dato tecnico è uno degli elementi caratterizzanti questi lavori e si coniuga con un alfabeto reiterato, che attinge ai maestri delle avanguardie e li fonde all’interno di un universo personale in cui appaiono figure umane, forme geometriche, costellazioni, stilizzazioni vegetali, elementi vagamente meccanici. Nonostante l’attenzione meticolosa alla dimensione operativa, ogni opera sembra soggetta ad una certa imprevedibilità facendo emergere una varietà di ritmi, andamenti, “armonie disarmoniche”, in una tessitura che riesce a modificare se stessa all’infinito. Tra gli ambiti di ricerca di Benetti emerge anche quello della corrente “Neorupestre”, teorizzata in un Manifesto nel 2006 che recupera esteticamente e concettualmente l’arte paleolitica e la traduce in linguaggio più contemporaneo, cercando di reiterare il legame primitivo con la natura e le intuizioni istintive che guidavano i pittori-sciamani all’alba della pittura. Dipingevano molto probabilmente per propiziarsi la caccia e la cattura di grandi animali selvatici, per trovare spiegazioni a fenomeni naturali. I loro bisogni visivi e comunicativi nascevano dalla necessità di confrontare se stessi con il mondo, dal desiderio di comprenderlo e di trovare al suo interno una collocazione ben definita. Bisogni che generavano capolavori come quelli di Altamira, Lescaux e Porto Badisco. Questa energia delle origini e la vitalità del “primitivo” emergono nel video “Essentia” realizzato da Benetti con la “Basmati Film” e proiettato nel percorso della mostra. I segni neorupestri si animano al ritmo di immagini e musica jungle, su sfondi che richiamano gli elementi della natura, tra luce e visioni oniriche, movimento e simultaneità, coinvolgenti anche grazie alla colonna sonora, composta dallo stesso artista e da Frank Nemola, il musicista leccese, storico trombettista della band di Vasco Rossi.
Marinilde Giannandrea |
Giornalista, curatrice e critico d’arte |