"Da Mirò, Klee e Kandinskij, al manifesto Neorupestre di Andrea Benetti” di Simone Soldera
Andrea Benetti, nato a Bologna nel 1964, da diversi anni esprime con successo le proprie idee e la propria pittura, nel contesto dell’arte contemporanea. Oltre ad avere esposto in luoghi di grande prestigio, sono ormai una decina i musei e le importanti collezioni, che ospitano le sue opere in permanenza. Nel 2006 ha ideato il Manifesto dell’Arte Neorupestre, presentato nel 2009 alla 53. Biennale di Venezia, nel padiglione “Natura e sogni”, presso l’Università Ca’ Foscari. Nel luglio 2010, è stato invitato alla LXI edizione del Premio Michetti, la prestigiosa rassegna internazionale di arte contemporanea, che si svolge, dal 1947, al Museo Michetti. A novembre 2010, è stato invitato ad esporre a Roma, a Palazzo Taverna, sede dell’Amedeo Modigliani Institut Archives Legales – Paris-Roma, alla mostra “Portraits d’Artistes”, in compagnia delle opere di Amedeo Modigliani, Giorgio De Chirico, Andy Warhol, Keith Haring, Mario Schifano, Max Jacobs, Carlo Corsi, Jules Pascin, Guido Cadorin… Nel sito stesso dell’artista è possibile leggere la “Sintesi del Manifesto dell’arte Neorupestre”. “Pittura neorupestre” perché ha scelto proprio questo nome per battezzare il suo operare artistico? Ci può fornire qualche delucidazione in merito al suo personalissimo manifesto d’arte? Ad oggi, lo scenario del mondo e degli esseri umani che lo “guidano”, non è a mio giudizio positivo. Gran parte della popolazione e, soprattutto, chi la governa, appare danzante e spensierata, mentre la nave, su cui appoggia i piedi, sta affondando. Abbiamo davanti a noi, ma anche dietro l’angolo, catastrofi ambientali e sociali di ogni varietà e, spesso, fingiamo di non vedere e gettiamo tutto sotto al tappeto in fretta e furia. Io credo che siano errati alla base i concetti su cui si fondano le attuali società cosiddette sviluppate. Il consumismo, così come si è arrivati a concepirlo, è un cancro e porta al depauperamento sistematico di ogni risorsa ed alla necessità assoluta di crescita continua; ovvero l’aumento costante della spoliazione delle risorse naturali e umane. Allora ritengo che si debba azzerare e ripartire, mettendo al centro del volere dell’uomo (e soprattutto di chi lo guida), il rispetto dell’ambiente e della dignità umana. Simbolicamente, azzerare e ripartire nel mondo dell’arte, significa tornare alle pitture rupestri, che l’uomo primitivo realizzava, per ingraziarsi le forze superiori, in quanto ancora non si era sopravvalutato e messo al centro di tutto, con la pretesa di controllare e gestire ogni cosa. Errore fatale dell’essere umano. Nella storia dell’arte dagli albori fino alla quotidianità ci sono elementi e autori che tralascia volentieri? Altri che invece nel corso della sua esistenza e carriera artistica l’hanno particolarmente impressionata? Non ci sono autori che tralascio, ma persone che non credono in ciò che fanno e bluffano, prendendosi gioco di innocenti fruitori e amanti dell’arte. Tralascio e boccio tutti coloro che vedono nell’arte solo ed unicamente un business. Mettono un’anima finta dentro al loro operato e la spacciano per vera e sentita. Per gusto personale, amo principalmente le opere di Mirò, Klee e Kandinskij. Le occorre molto tempo per realizzare anche una sola delle sue creazioni? In alcune critiche si parla di “perla rara” e “velocità” riguardo alle sue creazioni… Si può affermare che occorrono ore ed impegno per dare alla luce qualcosa di speciale? Senza ombra di dubbio occorre molto tempo, ma soprattutto molto impegno, in quanto le mie opere debbono passare attraverso sette passaggi di lavorazione, per arrivare al loro compimento. Il termine “Velocità” presente in una critica a cui sono particolarmente legato, realizzata sul mio operato pittorico dal professor Christian Parisot, presidente degli Archivi Amedeo Modigliani, non è riferito al modo in cui creo, ma ad un libro che ho realizzato, con l’ausilio di una dozzina di professori, provenienti da svariate università italiane e straniere, che hanno aderito al progetto e scritto per il mio libro “Esplorazione inconsueta all’interno della velocità”. La scelta cromatica, le tinte, né troppo aggressive né troppo “fievoli” in che modo tende a deciderle? Ci sono anche altre creazioni forse non pubbliche della sua arte oppure si è specializzato nella propria corrente d’arte senza “aspetti segreti”? I colori li scelgo in maniera inconscia; giunto all’ultimo “passaggio di lavorazione” dell’opera, la guardo e senza ragionamenti, inizio a mischiare istintivamente i colori che mi vengono da dentro, che i miei occhi vogliono vedere su quella tela. Gli “aspetti segreti” ci sono, ma non per mia volontà, ma in quanto è un’arte sempre in evoluzione, che si affida alla continua ricerca, seppur minimale ed a piccoli passi. Potremmo definirla un lento, ma inesorabile incedere. Nella sua tavolozza di hobbies, interessi, passioni come fa uso del tempo libero se la sua attività gliene lascia? Mi piace leggere e studiare la storia italiana del XX secolo. Amo visceralmente l’Italia e adoro emozionarmi davanti agli infiniti paesaggi, che essa offre, unitamente alla scoperta delle tradizioni e della cucina locale. Mi piace molto confrontarmi col prossimo, per apprendere nuove conoscenze e nuovi punti di vista. Se dovesse costruire un’ipotetica classifica titolata “Dove vive meglio l’arte?” Che paesi e nazioni metterebbe nei primi posti e quali negli ultimi? A questa domanda non so rispondere, poiché è molto complessa ed io non ho una conoscenza sufficiente. Potrei parlare per esperienza e per “sentito dire”, ma non sempre ciò corrisponde alla realtà e rischierei di dire inesattezze. Il rapporto arte-pubblico, acquisto d’opera d’arte-investimento si è complicato in Italia? E’ ipoteticamente più facile proporsi anche economicamente in città “eterne” come Parigi, Londra, Amsterdam o altre all’estero? No, non credo che in Italia si sia complicato il mercato dell’arte, semmai è mutato e, come spesso accade, a volte in maniera saggia ed altre in maniera scriteriata. La discriminante, che rende un mercato credibile, è la professionalità e la serietà dei vari attori che lo compongono, ovvero artisti, galleristi, collezionisti e appassionati acquirenti di arte. Come in molti settori, vi è una disposizione a macchia di leopardo, per cui possiamo trovare realtà d’eccellenza e negative, all’interno dello stesso Paese o della stessa metropoli. Sicuramente le tendenze e le nuove correnti vengono consacrate dal mercato delle grandi metropoli, ma non per forza generate in loco. Ci può raccontare qualcosa dei suoi viaggi all’estero? Quale sottile connubio esiste tra artista e muoversi nel mondo per conoscere, scoprire, fare esperienza? Non so dare una linea certa a questa relazione. Ciò di cui sono certo è che l’arte che creo nasce dal mio pensiero e, quindi, dalla mia mente, influenzata dalle esperienze di vita (ovviamente anche dai viaggi), dopo una lunga sedimentazione, scandita dalla ponderazione. Più che di viaggi fisici, la mia pittura si nutre di viaggi mentali, da non confondersi con l’alterazione della mente dovuta all’assunzione di droghe, alcool e simili, poiché detesto, con tutto me stesso, la cultura dello sballo e ritengo che sia antitetica all’arte, poiché portatrice di morte; mentre l’arte è vita, è amore. Ci può fornire un suo pensiero su come potrebbe essere il 2011, anno alle porte? Ci riserverà ancora più illusioni e “sogni infranti”? I segnali non lasciano ben sperare, ma sono ottimista comunque, poiché credo che solo con l’ottimismo si possano cogliere le occasioni positive, che si presenteranno davanti a noi. L’ottimismo, però, da solo non basta, per cui continuerò la mia “battaglia”, perché le cose cambino in meglio e si realizzi un mondo migliore, quello che ipotizzo nel Manifesto dell’arte Neorupestre. Quale il motivo della sua scelta di dedicare un’intera giornata di arte e creatività ai diversamente abili? Potrebbe decidere un giorno di recarsi qui nel trevigiano dove sono molte le associazioni che si rivolgono a questo tipo di utenza (Arep onlus, Casa Codato etc…)? Il motivo nasce dall’esigenza di amare in senso lato e di dare per il piacere di dare. E, allora, chi più delle persone che sono state meno fortunate di noi, possono essere destinatarie di questa esigenza di donare amore ed attenzioni? Sarebbe bello se tutti ragionassimo così… Io parto dal presupposto che la fortuna e la voglia di vivere siano strettamente legate e siccome io mi ritengo una persona fortunatissima, poiché nella vita faccio ciò che mi piace, credo che questo piacere e questa fortuna debbano essere divise e donate a chi è stato, per certi aspetti, meno fortunato di me. E come caratteristica ho la propensione a dire sempre “si” a qualsiasi progetto, che vada nella direzione di aiutare il prossimo, chiunque sia. Per fare questo, potrei anche andare all’altro capo del mondo.
Simone Soldera |
Giornalista |